Può una foto ispirare un viaggio? Nel nostro caso si, dopo esserci imbattuti in un immagine di un luogo che sembrava uscito dalle fiabe, abbiamo approfondito su dove si trovasse, complice una guida ed una cartina già presente nella nostra libreria siamo partiti in direzione Irlanda del Nord. Certo il viaggio non giustificava il solo voler percorrere la “The Dark Hedges”, era uno stimolo, una scusa per partire, poi durante la lunga tappa di avvicinamento abbiamo aggiunto altri luoghi simbolo di questa parte dell’isola, come le Giant’s Causeway, Derry, ecc. Il tragitto prevede la traversata della Francia per poi sbarcare in Inghilterra e da lì prendere uno dei tanti traghetti che dalla costa Ovest permettono di approdare in Irlanda. Veniamo accolti dalla tipica pioggerellina di queste parti, che ci accompagna fino all’estremo nord irlandese, con il susseguirsi di schiarite. Questa parte dell’Irlanda ha avuto un passato tumultuoso negli anni settanta e ottanta, con una serie di disordini durati circa 25 anni in un contesto di opposizioni politiche-religiose. Nella cittadina di Derry, dove facciamo la nostra prima tappa, avvenne il più sanguinoso degli eventi: durante una marcia vennero uccise 14 persone dall’esercito britannico, ma la storia è lunga da raccontare e vi invito ad approfondire anche attraverso internet. Questa cittadina non ha mai dimenticato questo avvenimento, denominato Bloody Sunday (domenica di sangue), a cui la band degli U2 ha dedicato una canzone, divenuta un successo mondiale.Girando per la parte moderna della città ci si imbatte in giganteschi murales che raccontano la storia, come un libro da sfogliare casa dopo casa, un memoriale a cielo aperto in questa zona denominata Free Derry. Ma Derry non è solamente ricordata per gli scontri, la sua fortezza muraria è l’unica ad essersi conservata intatta in Irlanda con mura alte 8 metri e spesse 9; il suo soprannome Maiden City (città vergine) deriva proprio dal fatto che non è stata mai violata. Si può passeggiare sopra le sue imponenti mura e visitarla scendendo ogni volta che ci si vuole addentrare tra le stradine di un Irlanda che, da queste parti, sembra essersi fermata. Un’altra opera da visitare è il Peace Bridge, costruito per l’attraversamento del fiume Foyle, che attraversa Derry, ha un grande significato simbolico, perché collega due quartieri contrapposti, Waterside (protestante) che è schierato per l’Irlanda repubblicana, e Cityside (cattolico) che invece è per la Gran Bretagna monarchica, lungo 235 metri è solamente pedonale per favorire l’incontro tra i due “popoli”. Il giorno successivo ci spostiamo sulla costa in direzione delle Giant’s Causeway, un fenomeno naturale che impressiona. Una vasta distesa di colonne in pietra pentagonali, alcune esagonali, che sembrano opera dell’uomo, invece anche questa volta la natura ci stupisce. Questo fenomeno ha origini vulcaniche, però a noi piace credere alla storia che sia opera del gigante Finn McCool che avrebbe costruito un selciato per camminare fino alla Scozia per combattere un altro gigante, Angus. Su questa leggenda si basa il centro visitatori, che ci fornisce un audioguida che tenta di convincere quelli più scettici e propensi per la versione scientifica. Facciamo una piacevole passeggiata di circa un chilometro che termina con l’immancabile foto su una delle scogliere più famose al mondo. Rimaniamo in tema di scogliere e ci apprestiamo a percorrere una delle più spettacolari strade a queste latitudini, la Causeway Coast Way, tra porticcioli pittoreschi, grandi spiagge di sabbia e speroni di roccia a picco sul mare. Le numerose soste per ammirare i paesaggi ci obbligano a rallentare la tabella di marcia, entrando in un ritmo di viaggio calmo e rilassato. La natura ti trasmette un senso di benessere e pace, e anche noi come i locali ci fermiamo seduti a fissare il nulla con in mano la classica tazza di the o caffè durante la mattina oppure l’immancabile birra nel pomeriggio.
Il vento sferza i nostri visi mentre tra le scogliere dai colori contrastanti per il nero del basalto e il bianco del calcare, cerchiamo di riconoscere i numerosi volatili che ci volano intorno. Il nostro obbiettivo sarebbe vedere il pulcinella di mare ma non ci riusciamo. Nel nostro girovagare senza un itinerario preciso e che cambia come il tempo, decidiamo di andare a visitare il Carrick A Rede Rope Bridge, nei pressi di Ballintoy, un ponte traballante di corda che unisce due speroni di roccia a picco sul mare a circa trenta metri dall’acqua: era utilizzato dai pescatori di salmone per raggiungere un isolotto. Per la sera troviamo un campeggio che è il sogno di tutti i camperisti, prato all’inglese su una scogliera, al disotto di noi una grande spiaggia dorata, che la marea ha lasciato semi allagata, quando tramonta il sole che rispecchia su queste zone d’acqua diventa arancione. La serata termina con una grigliata che riempie la pancia dopo aver fatto il pieno di paesaggi con gli occhi. Oggi è il grande giorno, vedremo la nostra “cartolina”, chissà come sarà dal vero e percorrerla con il nostro amato e fedele camperino. La dobbiamo cercare, perché abbiamo delle indicazioni di massima e non è segnalata; mentre percorriamo la strada principale me la vedo sfilare lateralmente, inchiodo retromarcia, è lei. La imbocchiamo e rimaniamo di stucco, la foto non rende giustizia a questa strada da favola. Giganteschi faggi si incrociano fino a formare una galleria, che a tratti è inquietante per la strana luce che filtra tra i rami. Spengo il camper, siamo da soli, a parte una mucca che ci osserva mentre rumina dell’erba, percorro alcuni metri con il naso all’insù, mi godo il momento. Ma prima che arrivi qualcuno voglio essere egoista e percorrerla da solo con il camper, camminando nel mezzo per scattare una foto, di quelle da ingrandimento. Ora possiamo andare e lasciare libera la visuale ad altri turisti che si intravedono in fondo alla strada. Percorriamo strade interne, di quelle strette tra due muretti in pietra, dove sembrano esserci tutte le sfumature possibili del verde, la verde Irlanda che ti rimane dentro. Per la sosta notturna ci dirigiamo a Ballymoney, ai più potrebbe sembrare un anonimo paesino dell’entroterra irlandese ma per noi che siamo anche motociclisti questa sosta ha un suo perché, è il paese nativo di Joey Dunlop e qui si trova il suo Memorial Garden. Pluripremiato pilota di corse su strada, titolare di numerosi record nella più pericolosa corsa al mondo, il Tourist Trophy, gara mozzafiato che si svolge nella vicina Isola di Man che attira appassionati da tutto il mondo. Deceduto in una gara, viene ricordato come uno sportivo di altri tempi, durante la settimana lavorava i campi sopra un trattore o serviva birra in un pub, per poi indossare la tuta nei week end, e con i guadagni di tante vittorie e sponsor investiti nel sociale e nel prossimo. Uno così non poteva che essere anche camperista, infatti girava tra i circuiti come tanti appassionati che sfruttano il camper anche nello sport, aveva un camper puro con moto al seguito sopra un carrello. La notte trascorre tranquilla in queste silenziose cittadine, dove i camperisti sono considerati ospiti e non un problema, basta usare il buon senso. Per concludere questa specie d’itinerario circolare improvvisato ritorniamo verso la costa, nei pressi di Portrush, dove andremo a visitare il Castello di Dunluce, costruito a picco sul mare su di una superfice basaltica; è suggestivo nel suo stato di rovina, che con la luce del tramonto assume un aria ancora più affascinante. Sempre per rimanere in tema di costruzioni a picco sul mare decidiamo, visto il tempo bello, di avventurarci verso il Mussenden Temple, che si trova all’interno del parco di Downhill, nei pressi di Castlerock. Ci trasformiamo con abbigliamento e zaino, da camperisti a camminatori, perché decidiamo di attraversare tutto il parco a piedi, dopo tanti giorni una sgranchita ci vuole. Puntualmente una volta allontanati dal mezzo il tempo cambia e comincia a piovere, troviamo riparo nella fitta boscaglia e attendiamo, da queste parti il meteo muta velocemente. Un arcobaleno ci accompagna verso la scogliera e una volta giunti al tempio non rimaniamo delusi, il paesaggio che si apre davanti a noi è di quelli da non dimenticare. Come tutte le costruzioni a picco sul mare, anche questa con il tempo e l’erosione che mangia il terreno, è destinata a precipitare nella spiaggia sottostante, i lavori di consolidamento hanno rallentato la natura, ma non fermata, e noi siamo contenti di averlo visto prima che sia troppo tardi. Per ritemprarci dalla faticata della camminata ci dirigiamo in paese dove entriamo nel primo pub che troviamo; qui fin dal pomeriggio si svolge la vita sociale della comunità. Tentiamo di farne parte anche se non è semplice scambiare quattro chiacchiere con gli irlandesi, sono un popolo riservato ma una volta rotto il ghiaccio è facile farseli amici ed essere costretti a farsi numerosi giri di birra, a cui non ci si può sottrarre. La lingua è una cosa a parte, è un inglese strano, di difficile comprensione se non scandito, ma anche in questi casi la gestualità italiana aiuta, per non parlare dell’alcool… La sera ci concediamo il classico Fish and Chips al porto, queste baracche con i tavolini all’aperto sono un altro punto di ritrovo, d’altronde non hanno molta varietà di piatti da queste parti, e dopo i crostini al salmone del pub, questa è l’altra variante. Da qui la nostra vacanza giunge al termine, ci ritiriamo in un campeggio spartano a picco sul mare per prenderci un giorno di riposo prima della galoppata verso casa. A casa riportiamo un pezzo d’Irlanda nel cuore, Irlanda verde, ventosa, silenziosa, Irlanda che rilassa, e che va vissuta per quello che è. In molti da queste parti potrebbero annoiarsi e preferire la parte più viva, come Belfast, ma secondo noi vanno viste entrambi, e non dimenticate una serata con il naso all’insù, perché il cielo d’Irlanda non è solamente un ritornello di una canzone, esiste davvero.